Le sorgenti del narrare

L'oralità e l'arte della narrazione orale. Imparare a raccontarsi e a raccontare

Una ricerca proposta da
Franco Lorenzoni, Roberta Passoni, Marco Pollano e Lucio Mattioli

concluso

La prima fonte di ogni narrazione si trova, naturalmente, nella memoria di chi narra. Ma quale tipo di pratica, quale contesto, quali condizioni sono necessarie perché comincino ad emergere immagini, sensazioni e parole da quel continente, in gran parte sconosciuto a noi stessi, costituito dal nostro corpo-memoria?

L’intreccio tra l’esplorazione di un bosco nella notte e l’aggirarci nel groviglio dei nostri ricordi ci appare da tempo una interessante pista da indagare. C’è poi un altro aspetto che collega diverse pratiche ecologiche alla narrazione orale: la ricerca di qualità nell’ascolto di ciò che è altro da noi. Quando cerchiamo di raccontare un’esperienza vissuta da un altro siamo costretti a percorrere la difficile strada dell’immedesimazione. Strada che accompagna ogni tentativo di comprensione umana verso chi è diverso da noi. Ma per compiere questa sorta di manovra di avvicinamento ad un altro corpo e ad una memoria che ha altre esperienze alle spalle noi ricorriamo, per forza di cose, alle nostre esperienze, a ciò che abbiamo vissuto e che ci sembra in qualche modo somigli a ciò che ci è stato narrato e a cui desideriamo dare voce e corpo.

Quando cerchiamo di farci largo tra rami intricati o quando esploriamo il corso di un torrente ormai secco, così come quando proviamo a dare forma o ritrovare connessioni nel nostro osservare il cielo stellato, noi spesso procediamo per somiglianze, ritornando a gesti e forme impresse nel nostro corpo-memoria. Gesti e forme che spesso emergono al di là della nostra volontà.

Nel caso dei viaggi di esplorazione, come nel caso dell’esplorazione interiore, operiamo mettendo in atto procedimenti complessi, che interagiscono e mettono in relazione tra loro una grande quantità di elementi. Tempi lunghi, spazi molteplici e un po’ di silenzio creano condizioni che facilitano la disponibilità all’ascolto di noi stessi e degli altri.

Perché allora la scuola, che dovrebbe essere luogo di esplorazione e di ascolto per eccellenza, dà così poca importanza alle condizioni che possono aprire alla difficile convivenza umani e possono darci una mano nel riconoscere quanto la natura e il pianeta che abitiamo sia parte integrante del nostro corpo e del nostro vivere?

 

Condividi questo articolo