La prima fonte di ogni narrazione si trova, naturalmente, nella memoria di chi narra. Ma quale tipo di pratica, quale contesto, quali condizioni sono necessarie perché comincino a emergere immagini, sensazioni e parole da quel continente, in gran parte sconosciuto a noi stessi, costituito dal nostro corpo-memoria?
Per smuovere il terreno della nostra memoria e avvicinarci al groviglio dei nostri ricordi può essere utile e interessante avvicinarci a un testo o a un manufatto culturale e osservare cosa provoca in ciascuna e ciascuno di noi quando ci entriamo in contatto.
La seconda fonte della narrazione proviene infatti dal corpo-culturale: dalla lingua, dal canto, dai ritmi sedimentati nel tempo, che abbiamo frequentato fin dalla nascita.
C’è poi un altro aspetto che collega diverse pratiche ecologiche alla narrazione orale: la ricerca di qualità nell’ascolto di ciò che è altro da noi. Quando cerchiamo di raccontare un’esperienza vissuta da un’altra o da un altro siamo costretti a percorrere la difficile strada dell’immedesimazione. Strada che accompagna ogni tentativo di comprensione umana verso chi è diverso da noi. Ma per compiere questa sorta di manovra di avvicinamento a una memoria che ha altre esperienze alle spalle noi ricorriamo, per forza di cose, a ciò che abbiamo vissuto e che ci sembra in qualche modo somigli a ciò che ci è stato narrato e a cui desideriamo dare voce e corpo.
Quando esploriamo il corso di un torrente ormai secco, osserviamo un fuoco nella notte, cerchiamo un nostro movimento nella danza o proviamo a dare forma e ritrovare connessioni nel nostro osservare il cielo stellato, noi spesso procediamo per somiglianze, ritornando a gesti e forme impresse nella nostra memoria. Gesti e forme che spesso emergono al di là della nostra volontà.
Nel caso dei viaggi di esplorazione, come nel caso dell’esplorazione interiore, operiamo mettendo in atto procedimenti complessi, che interagiscono e mettono in relazione tra loro una grande quantità di elementi. Tempi lunghi, spazi molteplici e un po’ di silenzio creano condizioni che facilitano la disponibilità all’ascolto di noi stessi e degli altri.
Perché allora la scuola, che dovrebbe essere luogo di esplorazione e di ascolto per eccellenza, dà così poca importanza alle condizioni che possono nutrire la convivenza tra diversi e darci una mano nel riconoscere quanto la natura e il pianeta che abitiamo sia parte integrante del nostro corpo e del nostro vivere?
Il corso comincia alle 16 di venerdì 16 febbraio e termina con il pranzo di domenica 18 febbraio 2024